Una nuova luce per la Chiesa

 
 

Madre Maria della Concezione

di San Giacomo e Santa Teresa

Carmelitana scalza

(1905-1999)

Una nuova luce per la CHIESA

 
©  Monastero di Santa Teresa di Palma di Maiorca
 
Nihil obstat: Don Llorenç Alcina Rosselló, Censore
Imprimatur: Don Lluch Riera Coll, Vicario Generale
Palma, 18 aprile 2007

 

Nota dellatraduttrice

Misticismo esemplicità coesistono nella figura di Madre Concezione. Anche agli occhi deilaici non sarà difficile scorgere in Lei profonde affinità con San Francescod’Assisi e comunione d’anima con Santa Teresa d’Avila ed il suo “Anche nell’acqua dei piatti si rispecchia ilSignore”. Un amico missionario (P. Salvador del Molino) asseriva in una recenteconversazione che “i mistici sono lepersone maggiormente in contatto con la realtà e questa società ha grandebisogno di loro”. Credo che abbia ragione, ed auguro ai lettori di venire profondamenteaffascinati da questo incontro con Madre Concezione, come è successo a chi ha avutol’onore immeritato di tradurre la sua biografia e di scrivere questa piccolanota.

Elena Herrero Hernández

 

Preambolo

Nel mese di maggio del 2006, Sua Santità Papa Benedetto XVI ricordava ai Superiori Maggiori degli ordini e congregazioni religiose che “lavita consacrata si trova oggi insidiata dalla mediocrità, dallaborghesizzazione e dalla mentalità consumistica”. Ed aggiungeva: “Appartenerein modo totale a Cristo significa ardere con il suo amore incandescente, veniretrasformati dallo splendore della sua bellezza”.

Suor Maria della Concezione di San Giacomo e Santa Teresa, vissuta persettant’anni nel Monastero delle Carmelitane Scalze di Palma di Maiorca (1928-1999),mi pare un modello completo di quest’orientamento del Papa per il nostro tempo,uno stimolo per tutti, una nuova luce per i religiosi e per la Chiesa,nell’ottavo aniversario della sua morte. Ecco qui una prova, oltre che di unavita virtuosa, dell’aver vissuto dell’amore di Cristo e l’amore verso Cristo, econ lui, verso il prossimo.

Il suo programma monacale è sempre stato fare la suavolontà,sempre la volontà di Dio, ed il suo metodo vivere osservando la regola e lecostituzioni del Carmelo, con uno sforzo progresivo, “senza attenuazione, fino alla morte”.

È pur vero che la sua testimonianza carmelitana ha commosso molte persone,nel chiostro e al di fuori di esso. Ma aldilà di questo, come Priora e Madre Maestra,la sua capacità d’insegnamento ha comportato un costante coinvolgimento della comunità,essendo lei un’autentica serva del Vangelo ed una fedele garante per leCarmelitane Scalze.

Nell’ottavo aniversario della morte,

Madrid, 1º marzo 2007.

 

I        MARIA NEL SUO SECOLO

Maria della Concezione nacque il 25 aprile del 1905 nella città di Palma di Maiorca. Fu battezzata il giorno successivo nella parrocchia diSant’ Eulalia. Era la primogenita di genitori pii, appartenenti a illustrifamiglie: Giacomo di Oleza e di Spagna e Mª della Concezione Gual di Torrella edi Villalonga. Suo padre era militare e capofamiglia del proprio lignaggio, edanche sua madre apparteneva ad una famiglia di notabili.

Entrambi erano assai devoti alla Vergine ed al Sacro Cuore di Gesù. A tutte leotto figlie venne dato il nome Maria, e l’unico figlio maschio venne chiamatoMariano. Questi morì ventunenne nel 1938, nella guerracivile spagnola. Si era arruolato volontario come sottotenente e annegò durantel’attraversamento del fiume Cubilar, sul fronte dell’Estremadura, insieme alcaporale che ausiliava.

Maria fece la prima comunione a sette anni. Le abitudini della suafamiglia erano molto pie e rispettose verso gli anziani. Ogni sera la famigliaintera era solita radunarsi, compresi i domestici, per recitare il rosario. Ilnonno, e dopo la morte di questi, il padre, guidavano la preghiera.

Le tre figlie maggiori non frequentarono mai la scuola. Furono istruite daistitutrici che insegnavano loro durante la mattina. I pomeriggi erano dedicatialla ricreazione tra di loro od in compagnia dei cugini.

Già dall’infanzia Mariafece notare il suo forte carattere e la sua testardaggine. Queste caratteristiche la contraddistinsero nell’adolescenza enella sua prima giovinezza. Erala sorella maggiore, sempre pronta ad imporre la propria volontà. Inoltre era assai pigra, fatto che aumentava la suapropensione per il comando. Faceva una gran fatica ad alzarsi la mattina, tantoche fin quando non sentiva il professore di pittura bussare alla porta di casa,non saltava giù dal letto. Nel tempo che questi impiegava per salire lescale, lei si vestiva. Fingeva quindi di averlo atteso alzata da parecchiotempo. Aveva un grande talento per la pittura, e pertanto era stata affidata perla sua istruzione artistica al famoso pittore ritrattista e membrocorrispondente della Real Accademia di Storia Vicente Furió. Egli la istruì alla copiadi nature morte. Ma lei si stufò ben presto di tale compito evolle iniziare a dipingere ritratti. A Maria parve che il maestro, per gelosia,si opponesse a perfezionare le sue capacità per il ritratto, per evitare che lei arrivasse acompetere con lui. Arrivò a supporre che non volesse istruirla ulteriormente.

Era tanto pigra ad alzarsi quanto inquieta. Finita la lezione di pittura, nonaveva la pazienza di pulire tavolozza e pennelli. Spesso li gettava via perrisparmiarsi la fatica, e ne comprava altri nuovi per la lezione successiva.

Un giorno, aveva allora circavent’anni, il professore si stupì nell’osservare che Maria stavapulendo scrupolosamente i pennelli, preparandoli accuratamente per la prossimalezione.

Questa novità, aparentemente banale, gli fece pensare che stesseavvenendo in lei un qualche tipo di cambiamento importante. Fino alla sua avvenuta trasformazione “non era umile, mapiuttosto orgogliosa e non rispondeva quando veniva ripresa. Allungavail collo assumendo un’aria di superiorità, dando ad intendere che non avrebbe cambiato opinione”. Così ladescrivono le sue sorelle.

Una delle sue grandi passioni era la lettura. Quando doveva badare alla sorellaminore e figlioccia, spesso ricorreva ad uno stratagemma: ordinava ai domesticiche le portassero dello zucchero, e con questo modellava una bambola a forma diciucciotto. Mentre la bimba si concentrava sulla leccornia, lei le copriva gliocchi poggiandovi sulle palpebre il dito indice ed il medio per indurlerapidamente il sonno e restare così libera di dedicarsi allalettura. La figlioccia perdette i denti.

Maria fece il suo ingresso in societàa sedici anni. La festa consistevanel raccogliersi i capelli in uno chignon, indossare scarpe con i tacchi edingioiellarsi. Da quel momento iniziò afrequentare feste e teatri per assistere all’ opera ed alla zarzuela (NdT: genere teatrale spagnolo simileall’operetta). Era di statura media, d’incarnatoassai fine e pallido. Aveva gli occhi azzurri ed i capelli rossicci. Una voltapartecipò ad un ballo vestita da Menina e fu molto arduo riuscire areperire per lei boccoli dello stesso colore di capelli.

Maria amava molto trascorrere l’estate nelle splendide ville di proprietà della suafamiglia. Nei pomeriggi soleva giocare a tennis con amici e parenti in una diqueste. Un’altra delle loro mansioni di villeggiatura si chiamava “Corp Marí”,situata vicino al mare, e là soleva divertirsi moltopraticando il nuoto. Amava anche l’equitazione, il suo sport preferito. Cavalcava molto bene all’amazzone ed arrivò a vincere alcune competizioni adostacoli organizzate tra amici. Siccome montava acavallo con grande destrezza ed era assai coraggiosa, le venne proposto dipartecipare come comparsa nel film “Florde Espino” (NdT: Fiore di Rovo) del 1925. Questo fu un lungometraggiopioneristico del cinema spagnolo, una commedia di cronaca sociale in cui Mariamostra le proprie doti come amazzone.

All’età di ventun anni, Maria si recò a Roma consua madre. L’occasione venne fornita dai proventi di una vendita, cheutilizzarono per concedersi un viaggio di piacere. Si trattò di un itinerario ricreativo ededificante, in linea con gli usi di quel genere di famiglia. Visitarono le catacombe ed i luoghi sacri, passeggiarono perle strade di Roma e vennero ricevute dal Papa. Per l’udienza collettiva, le duedonne indossarono abiti rigorosamente neri, si acconciarono con la peineta (NdT: tradizionale pettinespagnolo) e una splendida mantilla (NdT:lungo velo di pizzo). Il Papa dette la Benedizione Apostolica e concesse lorol’indulgenza plenaria “in articulo mortis”, anche nell’impossibilità di fare la comunione o confessarsi,previo atto di contrizione che pronunciasse a parole o con il cuore ilsantissimo nome di Gesù. L’indulgenza era estesa a tutta la loro famiglia. AVenezia fecero visita ad un monaco trappista assai caro ai nonni di Maria, originario di Petra ed imparentato con la famiglia delbeato Junípero Serra (1713-1784), fondatore di missioni in California.

Mentre passeggiavano osservando le vetrine romane, scorsero un pizzo assaielaborato. Maria rimase incantata da tanta finezza, a tal punto che chiese asua madre di regalarglielo per il giorno delle sue nozze. La madre eluse larichiesta, adducendo che l’avrebbe acquistato solamente se lo sposo fosserisultato di suo gradimento.

Quando Maria aveva ventidue anni, nella quaresima del 1927, vennestabilita una missione a Palma. Ne furono incaricati i padri gesuiti,francescani, missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria e cappuccini, che si ripartirono tra la Cattedrale e le quattro grandi parrocchiedella città.Questa celebre missione fece nascere un gran numero di vocazioni. Si cominciavacon il rosario dell’alba, recitato alle cinque e mezzo del mattino. Maria volleassistervi, ma era ben conscia del fatto che le sarebbe stato impossibilealzarsi per quell’ora. Si rivolse alla VergineSantissima e la pregò di cuore che l’aiutasse ad alzarsipresto. La Madonna le concesse da quel momento la grazia di potersi alzarepresto ed essere puntuale. Da quel momento in poi non arrivò mai inritardo da nessuna parte. Così ebbe inizio la missione, conquesto rosario e questa grazia. Ma gli effetti furono ben più rilevanti.Varie prediche, tra cui quelle di padre Iniesta, gesuita, la colpironoprofondamente. Fu in quei giorni che scoprì con grangioia la propria vocazione religiosa.

Dopo soli venti mesi da quell’esperienza interiore entrò nelCarmelo.

In quelperiodo continuò la propria vita domestica, ma con atteggiamento ben diverso.A poco a poco le sue sorelle e tutte le persone che la frequentavanocominciarono a rendersi conto della sua trasformazione, e della grande potenzadella causa di tale mutamento.

La primapersona cui Maria confidò il segreto della propriavocazione fu la madre. Ma non tutto fu facile per lei durante questi ventimesi, infatti ebbe varie contrarietà e ricadute.

Decise di non frequentare più feste od eventi mondani. Unadelle sue sorelle, che soleva accompagnarla in società, si accorseinmediatamente del cambiamento e cominciò a sospettare che volesse farsisuora. Anche la sorella minore, cui insegnava catechismo, percepì la stessasensazione nel vedere le nuove reazioni di Maria. Ogni volta che la piccola lesi avvinghiava e le sfilava le forcine dallo chignon, Maria si arrabbiava e lasgridava per bene, ma ecco che all’improvviso, da un giorno all’altro, nonreagiva alla marachella. Quando, ancora una volta, la spettinava, non siadirava, ma con pazienza infinita la riprendeva dolcemente.

 

II    LA CADUTA E LA GRAZIA

Pur essendo stata invitata ad una grande festa, Maria mantenne fermo ilsuo proposito di ritirarsi dalla mondanità e non volle andarvi. Ma suanonna, desiderosa di ostentare la nipote, le mostrò unapreziosa stoffa di lamè d’argento, con cui intendeva confezionarleun paio di scarpe adatte all’occasione. Maria, affascinata dalla bellezza dellastoffa, accettò, trascurando del tutto il suo proposito, e si recò allafesta.

Questo fatto, in apparenza trascurabile, segnò per semprela sua vita. Si rese conto di quanto deboli potessero essere i suoi più fermipropositi, e di come, con il suo solo sforzo, non potesse aspettarsi nulla da questi.Fu come se avesse ricevuto una grazia definitiva. Da quel momento, le venneconcessa un’umiltà di cuore così profonda e sincera da farlecomprendere con chiarezza la verità delle parole di Gesù “Senza dime non potete far nulla”. Da allora imparò a non fare un solo passo nè stabilireun proposito senza affidarsi esplicitamente al Cuore di Gesù. Da quelpreciso momento avrebbe sempre aggiunto con sincera umiltà prima diprefiggersi un proposito: Sii tu, Cuoredi Gesù, colui che me lo faccia compiere. Sapeva che senza ilsuo aiuto non avrebbe potuto ottenere niente.

Quando rivelò a suo padre che voleva diventare carmelitana, questi la mandò a parlare con padre Martino di Gesù Maria, carmelitano scalzo, perassicurarsi che ciò che sentiva fosse una reale vocazionereligiosa. Questo frate fu il fondatore, nonché il primopriore, del convento dei frati carmelitani scalzi di Palma (1923), città che primad’allora aveva ospitato solamente i carmelitani calzati. Dopo aver parlato conlei, padre Martino spiegò a suo padre : – “Non solo lavocazione di sua figlia è reale, ma le posso addiritturaassicurare che presto la faranno priora”. Tempo dopo, quando questa predizionedivenne realtà,  padre Martino commentó:– “Quel che vi dissi allora non era per nulla una profezia. Era chiaro chequella fanciulla possedeva ottime doti e prometteva assai bene.”

Ma vi fu anche chi tentò di scoraggiarla. Un prete chela conosceva, appena seppe che voleva farsi Carmelitana, la mise in guardia:–“Attenta,perchè nella comunità faranno a gara perpunzecchiare una signorina come te”. A quest’ammonimento, lei rispondeva conmolta arguzia, nel raccontare l’episodio quasi al termine della propria vita: Non sono mai stata punta da nessuno.

Non conosciamo con esattezza il cambiamento che avvenne nella sua animadurante il cammino che la condusse alla clausura del Carmelo.  Rimase però la testimonianza del mutamento del suo volto in alcune foto successive allasua conversione. In esse traspaiono una pace ed una purezza che si trasmettono quietamente. 

 

III     L’INGRESSO NEL CARMELO

Il 24 ottobre del 1928, giorno di San Raffaele, Maria fece il suo ingressonel Carmelo. Aveva 23 anni. Scelse quel giorno affinché l’arcangelo la guidasse nelsuo cammino. Suo padre, militare, non ebbe il coraggio di accompagnare lafiglia fino alla porta del convento. L’accompagnarono la madre ed alcune dellesorelle. Ma suo padre, prima che quella sua figlia maggiore uscisse di casa persempre, le disse, con la fermezza marziale del senso del dovere: –“Se non perdiventare santa, non vi sarebbe motivo di lasciarci.” Custodì queste parole nel suo cuore, e questela spronarono costantemente ogni giorno della sua vita. Ne fu responsabilizzataper sempre. Furono parole cui si attenne con obbedienza filiale già prima diprendere i voti.

Il 25 aprile del 1929, giorno del suo ventiquattresimo compleanno, Mariafu vestita con il santo abito della Madonna. Lei avrebbe voluto assumere ilnome di Maria Teresa del Cuore di Gesù, invece le venne impostoquello di Maria della Concezione di San Giacomo e Santa Teresa, in onore aisuoi genitori.

Le prime lezioni della madre maestra furono volte ad istruirla a nonperseguire la propria volontà “Dovete sempre fare ilcontrario di ciò che volete”, diceva alle novizie. Sorella Concezione reagivaa tale monito pensando dentro di sè: Farò sempre ciò che voglio, dato che non voglio far altro che compiere lavolontà di Dio. Una volta la madremaestra le ordinò di riposarsi mentre la comunità restava nelcoro. Quest’ordine le spiacque, dato che da quand’era entrata in conventodesiderava dedicare ogni sacrificio al Cuore di Gesù. Chiesealla maestra che le fosse permesso di restare nel coro, e nuovamente le funegato. La novizia si convinse con il seguente ragionamento: Cosa conviene di più al corpo, restare nel coro od andare a dormire? Andare a dormire. E cosa conviene di piùall’anima? Obbedire o fare la propria volontà? Obbedire. Se ne andò felice e sicura a dormire, bensapendo che nel compiere la volontà della maestra faceva la volontà di Dio. Enon discusse ulteriormente.

Durante il periodo del noviziato ricevette una grazia mistica assainotevole, che non volle mai descrivere. Tutto ciò che si potè sapere diquesta grazia fu che si trattava di un’esperienza interiore molto intensa, qualcosadi simile al fuoco d’amore ricevuto da Santa Teresina. In quel momentoprivilegiato di grazia, disse a Dio che voleva vivere di pura fede, e glichiese con grande fermezza che ogni godimento le venisse dal cielo e che nongliene fosse anticipato alcuno sulla terra, come a voler fare della propriavita una quaresima, un’identificarsi con Cristo ed un contributo alla suapassione.

 

IV     PRIMI ANNI COME CARMELITANA

Dal primo istante fece proprie tutte le novità della vitaconventuale. Nulla poteva sconvolgere la sua disposizione di totaleaffidamento. Impose a se stessa di operare in modo che tutte potessero farequello che lei faceva. La sua formula per discernere sulle proprie azioni erasemplicemente interrogarsi su quali benefici evrebbe ricavato la comunità se tutte le sorelle avessere agitocome lei.

Non si stancava di ringraziare Dio per la propria vocazione. Se dovessiscegliere mille volte, mille volte sceglierei lo stesso, scrisse una voltaad una zia.

Il 26 aprile del 1930,- scegliendo in questo caso l’anniversario dellapropria nascita alla grazia del battesimo, giorno successivo al propriocompleanno-, pronunciò i voti temporanei per un triennio. Trascorsi i tre anni, nello stesso giorno prese i voti solenni, senza attenuazione fino alla morte, comeamava ripetere. Avrebbe spesso ribadito quest’impegno, specialmente quando, già anziana, sivoleva prestarle qualche cura. Allora rispondeva inflessibile: Quando presi i voti, lo feci senza attenuazione,fino alla morte. In tal modo, non permetteva di venire in alcun modoaccudita od aiutata.

Unadelle sue prime mansioni fu come aiutante di sagrestia. La sagrestana era unasorella energica, ricca d’iniziativa e laboriosa. Ella ordinò a sorellaConcezione che, nel tempo libero dai ritiri e dagli esercizi spirituali,  confezionasse ornamenti floreali e mazzi difiori di carta per ornare gli altari. Sorella Concezione pensava che quelcompito per lei banale e superfluo le avrebbe fatto sprecare tempo che potevainvece utilmente dedicare a meditare le prediche. In cuor suo le fu difficile obbedire,ma si dedicò a quel compito con tutto l’amore di cui era capace, pensando,ancora una volta, che obbedire alla sagrestana significava anche compiere lavolontà di Dio. E ne derivò che, come raccontava per istruire, non solo le fufacile obbedire, ma che farlo la riempì di immensa gioia. In questo modo imparòad agire con la visione della fede e la gioia della disposizione, cogliendo lavolontà di Dio in tutto quel che le veniva affidato, a vivere nella fiduciaserena e gioiosa del carisma del Carmelo. Che si trovasse in presenza di unasorella giovane, sprovvista d’autorità, o di una sorella che rivestiva qualcheincarico nel monastero, era sempre pronta ad ottemperare a qualsiasi richiesta.E con la stessa attitudine cercava di non vedere gli errori delle sueconsorelle nell’esercizio delle loro funzioni. Era affidabile e fiduciosa finoalla sospensione del proprio giudizio. Una suora zelante le fece notare cheun’antica norma prevedeva che ci si raccogliesse l’abito per accedere allastanza dei catini. Quella camera era stata adibita ad altri utilizzi, per cui raccogliersil’abito aveva smesso di avere senso. Nonostante questo, madre Concezionerispettò sempre quella regola, senza sottometterla ad altro giudizio che nonfosse quello della volontà affidata. Così fece, fino a quando una nuova priora,molti anni dopo, la sollevò da quell’osservanza.

Quandodivenne professa le assegnarono una cella al piano principale. I chiodi infissiall’interno della porta della cella per appendere i propri oggetti personali leparvero pochi. Pensò di chiedere permesso per aggiungerne altri, ma deciseinfine di accettare la cella così com’era. Ed in effetti, le bastarono. Neisuoi ultimi giorni di vita raccontava alle consorelle quest’inaugurazione dellacella, asserendo con estrema semplicità d’animo che di fronte a qualsiasi ideao maniera che contrariasse la propria, bastava sperimentarla per trovarla conveniente.Questo fatto, apparentemente banale, indica invece la grandezza dei suoi votidi povertà ed obbedienza nel quadro del suo amore incondizionato verso Cristo.

 

V       CONSACRAZIONE AL SACRO CUORE DI GESÙ

Dioconcesse a madre Maria della Concezione di vivere quasi per intero il primosecolo del mondo consacrato al Sacro Cuore di Gesù, dato che ella spirònell’anno del centenario dell’enciclica con cui Leone XIII consacrò la Storia el’Uomo all’ “infinita carità di Cristo”, rappresentata nel suo Cuore. MadreMaria si consacrò personalmente l’otto settembre del 1939. Scrisse quel giorno:

O mia Madre Immacolata, voglio essere tutta del Cuore diGesù, ma essendo tu mia madre, non voglio fare un solo passo senza Te... Cuoredi Gesù, voglio essere completamente tua e per sempre.

Accetto con gioia questo patto che desideri, tanto dolceed onorevole di curarti Tu di me ed io di Te...Anche se Tu mi uccidessi, in Tespererò ed a Te mi affiderò...Voglio, o mio Dio, dimenticare totalmente mestessa ed ogni mio interesse personale, e confidare in Te in modoassoluto,  affidandomi con pace sicura eserena alla tua dolce provvidenza...

Intendo fare tutto il possibile per non avere altro idealesulla terra ed in cielo che non siano i tuoi santi interessi. Lavorare affinchétu regni in tutti i cuori...Preghiera, la più costante possibile invocando iltuo regno in ogni dove ed in ogni momento...ed in tutte le opere quotidiane.

Sacrificio passivo...affinchè tu regni...Sacrificio attivocon penitenze esterne e vittorie interne...continua mortificazione...atti divirtù, svolgendo con cura i doveri d’ogni istante, dando notevole buon esempio,ma senza attirare per nulla l’attenzione...

Intendo fare tutto il possibile con sofferenze, preghieree sacrifici, vita santa, apostolato, per custodire il tuo onore e la tua gloriadivina e restituire attraverso la mia piccolezza e la mia miseria la luce e losplendore che tanto meriti...

Da Te tutto attendo e da me nulla più spero, e me nerallegro, affinché in eterno risulti che tutta la gloria è tua ed a me nulla èdovuto.

Visse questa consacrazione in modo costante lungo tutto l’arco della suavita, con una generosità crescente che le faceva superare ogni fatica opigrizia. Soleva ripeterci: L’amore nonsi stanca, e se si stanca, non è amore.

Pensando solo al prossimo e non a se stessa per amore di Gesù, imparò anon lamentarsi di niente e di nessuno, a non reclamare nulla, a noncercare  mai scuse, a non parlare dellasua famiglia, a ribadire dentro di sè: L’uomonon ha alcun bene di cui lodarsi. Quando trapelavano in clausura echi diqualche diceria esterna che potesse riguardare la comunità, diceva con lasicurezza e maturità che le erano proprie: Bisognaessere contenti del fatto che non ci stimino. Oppure: Se pensano male di noi, tanto meglio. Diceva questo senza la minimaarroganza, anzi, spinta dal proprio amore per Cristo ad umiliare qualsiasimerito, e tranquillamente fiduciosa in Lui, che aveva umiliato la propriamaestà. Appena entrata in convento,quando le fecero visitare il monastero per mostrarle la sua dimora, le fecerovedere quella che era stata l’antica prigione del convento, dove le novizie ele suore ribelli venivano castigate. Ed il suo pensiero fu: Quanto mi piacerebbe venir rinchiusa qui,senza colpa!  Qualsiasi patimento,anche se ingiusto, le sembrava ben poca cosa se paragonato a quello che Cristoaveva sofferto volontariamente per gli uomini. Testimoniava sulla propria pellele parole di Santa Teresa: “Posando lo sguardo su Cristo crocefisso, tutto visembrerà poca cosa” (VII, Le mansioni,4,8).

Quando madre Concezione morì, una novizia disse: “Se non avessi letto itesti dei nostri santi padri e le nostre leggi, li avrei comunque conosciuticon precisione attraverso ciò che ho visto mettere in pratica a madreConcezione anche solo nel suo ultimo anno di vita, che è quando ho potutoconoscerla”. Tutto in lei fu, per usare le parole di San Giovanni della Croce:“Lavorare e tacere”.

Aveva una memoria prodigiosa, una vera enciclopedia specializzata a cuitutte ricorrevano per qualsiasi consultazione, e che lei usava per dispensare consigli.Cronache dell’ordine, vita e dottrina dei Santi Padri Giovanni d’Avila e Teresadi Gesù, abitudini della comunità, diritto canonico, catechismo,concilio...tutto ricordava all’istante e metteva in pratica. Quando qualcunolodava quella capacità, rispondeva: È chele vostre carità hanno la memoria d’un passerotto. Tuttavia non era pernulla loquace o saccente. Cercava di passare inosservata, si relegava nei postipiù scomodi, umili o faticosi. Rifuggiva più che poteva dal parlatorio, dove, comele era abituale, ascoltava molto, parlava poco e trasmetteva moltissimo.

Per compassione di Cristo cercava di mortificarsi in tutto: negli abiti,nel posto a sedere - fino ad ottant’anni, quando si fratturò entrambe le anche,sedette sempre per terra - nel mangiare, nella malattia...Tutto il suo corredoera povero e rozzo, rammendato mille volte. E mille volte ribadiva, convinta econvincente, che in quella mancanza di agi tutto le piaceva e non faceva faticaad accettare nulla. Portava a termine tutte le piccole mortificazioni senza unlamento, con una naturalezza che poteva solo essere sostenuta dal puro amore. Scrisseuna volta: Ho cercato di innamorarmiintensamente di Cristo. E spesso ci ripeteva: L’amore è donarsi, sacrificarsi, dimenticare se stessi per colui cheamiamo. Il puro amore era il suo segreto, per esso ogni lavoro le parevaleggero, piacevole, dolce.

Amava ripetere le parole del Santo Padre Giovanni della Croce:

“Quando l’anima decide davvero (sottolineavasempre quest’espressione) di voler trovare e compiere lavoro in tutte le cose, intutte loro troverà grande sollievo e soavità per percorrere questo cammino,così spoglio di tutto, senza nulla volere”.

La guidavano la rettitudine e la verità, senza cura dell’opinione altrui,senza timore di dire il necessario, con una sicurezza che non conoscevatribolazioni. Nulla la turbava, nulla la sconvolgeva. Nulla mi toglie ilsonno, era solita dire, totalmente affidataalla volontà e alla provvidenza divina. Con grande fiducia recitavaincessantemente la giaculatoria “Cuore di Gesù, a voi mi affido”. Pareva avereun unico desiderio personale, e questo era il martirio. Quando le domandavanose le sarebbe piaciuto divenire martire, non rispondeva con l’abituale quel che Dio voglia, ma piuttostoreplicava: L’ho sempre desiderato edancora credo e spero di morire da martire. E lo diceva con devozione, comese fosse il culmine della sua preghiera, e costantemente rinnovò tale intenzionefino alla fine dei suoi giorni.

 

VI     PRIORA E MAESTRA

Il diritto canonico all’epoca non permetteva di accedere all’incarico disuperiore maggiore fino al compimento dei quarant’anni. Alle elezioni del 1946,appena soddisfatta tale condizione, sorella Concezione fu eletta priora. Inaltre sei elezioni l’incarico le fu rinnovato. Fu priora per 21 anni nonconsecutivi, un primato mai eguagliato sin dalla fondazione del monastero nel1617, e senza che l’elezione o la sostituzione la turbassero. Una priora dissedi lei: -“Madre Concezione è un’ottima priora, ma è anche un’eccellentesuddita”. Chiedeva permesso per qualsiasi cosa, anche per le piùinsignificanti, vedendo Dio raffigurato nella priora. Quando si trovava nellasala della ricreazione era sempre la prima ad alzarsi quando la priora facevail suo ingresso, e talvolta era l’unica a farlo. Ed al termine della propriaesistenza,  ormai quasi cieca, quando eralei la prima ad entrare nella sala ricreativa, dopo la sua consueta Ave MariaPurissima, soleva domandare: C’è lanostra Madre? Muovendosi a tentoni, guidata solo dalla sua visione di fede,cercava la priora per baciarle lo scapolare, in segno d’umile sottomissione, com’è abitudine nel Carmelo.

Per cinque trienni fu maestra delle novizie. Assai comprensiva ebenevolente, insegnava innanzitutto col proprio esempio, specialmente sullavoro –sempre la prima e dedita alle mansioni più faticose- e nell’osservanzadella Regola e delle Costituzioni. Profonda conoscitrice dell’Ordine, delcarisma e dei testi di Santa Teresa di Gesù, diffondeva le sue dottrine.Osservava perfetto silenzio, ed anche con le novizie, se poteva spiegarsi agesti, non adoprava la parola. Ma amava che le novizie fossero sempre gioiose,godeva della loro felicità. La sua anima d’intensissima preghiera e profondavita interiore era sempre con Dio. Tutte le sue azioni quotidiane, perinsignificanti che fossero, erano atti d’amore verso il suo Sposo, e per questosceglieva quelli che più l’avvicinavano al sacrificio di questi. Ho cercato di vedere Gesù nel suo zelo versole anime, per imitarlo in Nazareth, nella sua vita di lavoro e nella sua vita apostolica. Voglio, omio Dio, che tutta la mia vita sia apostolato in stile carmelitano, nascosta nel tuo cuore.

 

VII    CARITÀ E FORTEZZA D’ANIMO EROICHE

Tanto era estremamente austera ed inflessibile con se stessa, quantoinvece era tutta comprensione, indulgenza e carità con le consorelle, comeun’ombra di consolazione sotto cui tutte si rifugiavano. Fu per la comunitàmadre, consigliera e spalla su cui piangere. Si interessava alla vitaspirituale ed ai problemi di ciascuna, vegliava sulle inferme. Tutte le prioreconcedevano regolarmente il permesso di trattare argomenti con lei alle suoreche lo richiedevano. La sua bontà e la sua lungimiranza erano così spiccate chele priore si affidavano al suo consiglio. E, tuttavia, anelava a restare dasola con Dio, senza interruzioni. Diceva scherzando: Quando sarò in cielo, lasciatemi stare in santa pace da sola con Dio.Che non mi veniate a suonare ogni momento alla porta..bum..bum..bum.. anche lassù.

Qualsiasi sofferenza e dolore fisico erano impercettibili in lei. Ungiorno di lavoro era salita su una vecchia scala di legno. La scala si ruppe emadre Concezione cadde rovinosamente. Si lacerò il palmo della mano ed ilsangue sgorgò copiosamente. Del tutto serena in mezzo all’allarme generale, silisciava e comprimeva la parte ferita come chi vuol ricomporre uno strappo. Unasuora, sconvolta dall’accaduto, le disse, affinchè accettasse l’aiutonecessario: –“Ma insomma, Madre, faccia il piacere di essere normale!” Al che ella,con la sua naturale calma, replicò allo sconcerto delle sorelle: Sono le vostre carità che non sono normali!

Nascondeva le sue sofferenze o le minimizzava. Durante il suo ultimopriorato, a 77 anni, mentre dirigeva il rosario nel coro, inginocchiata come alsolito, impallidì e quasi svenne. Fu aiutata ad appoggiarsi su una panca evomitò sangue. Pareva che stesse per spirare, ma tornò in sè, e quando leconsorelle vollero riportarla nella cella, si rifiutò, adducendo che era ora dimangiare. Diceva che si sentiva molto bene e che avrebbe mangiato come lealtre, senza curarsi di essere sporca di sangue. La madre superiora dovetterichiamarla all’obbedienza per mandarla in ospedale. Accettò senza discutere.Dall’ospedale, tra una trasfusione e l’altra, mandò a dire alleconsorelle,  per mezzo del cappellano delconvento, che erano delle fifone.

Anni dopo si svegliò un mattino non riuscendo quasi a camminare. Il medicole diagnosticò i reumatismi e le prescrisse delle frizioni, che furono eseguitedalla suora infermiera. Tempo dopo, la consulenza d’un altro dottore fornì ilmedesimo responso e dovette continuare con le frizioni. Nel frattempo, leicontinuava a scendere al coro per ascoltare messa e a salire la scaletta delpulpito del refettorio per fare le letture. Camminava congrandissima difficoltà. Una gamba le cominciòa gonfiarsi. Fu necessario mandarla all’Ospedale Militare per farle delleradiografie. Salì le scale con le proprie gambe. Le lastre mostravano che da tempo aveva l’anca fratturata eche bisognava impiantarle una protesi. Lei, tanto dimentica di se stessa, avevasopportato quelle frizioni senza un lamento.

Una notte dell’anno seguente, cadde dal giaciglio di tavole. Il viso le sicoprì di lividi, si ruppe il pollice e l’altra anca. Fu operata ed al terzogiorno già chiedeva che le insegnassero a camminare con le stampelle. Da quelmomento dovette usare dei girelli per camminare, dato che non poteva reggersiin piedi da sola. Ma neanche per questo smise di adempiere tutte le funzionidella comunità, comprese le pulizie del sabato o la sua settimana di cucina,dove arrivava a malapena ai fornelli e spaventava le consorelle maneggiandopentole bollenti e padelle roventi. Chiedeva che non la esimessero da questefaccende, ripetendo sempre: Mi vabenissimo...Questo lo posso fare...Non mi pesa per nulla...Non ho male...Lepriore si mostravano accondiscendenti alle sue richieste per il grande valoreformativo che il suo esempio apportava alla comunità.

Riuscì a nascondere di essere completamente cieca da un occhio e mezzocieca dall’altro fino al giorno in cui la si vide usare le mani per provarsi lavista. Aveva una cataratta ed un distacco di retina non trattabile. Dopo pocoiniziò a perdere la vista dall’occhio sano, con il quale riusciva a malapena aleggere con l’ausilio di una grande lente d’ingrandimento. Celò la perditaquasi totale della vista svolgendo le faccende da tanti anni apprese allacieca, come salire alla sala del cucito per rammendare. Scendeva le scale amemoria, fingendo di vedere più di quanto in realtà vedesse. La si vedeva piùvolte afferrarsi al girello  mentreavanzava per i corridoi in rotta di collisione.

In quegli anni, in cui la lettura le era ormai quasi preclusa, chiese sefosse possibile che le approntassero un quadro per la sua cella, a modo dicartellone, con un testo tratto dai canoni e scritto a grandi lettere. Conoscevaa memoria quel testo e lo declamava di continuo alle consorelle, ricordandoloro la loro missione di servizio per la Chiesa. Come chi desidera immergersinell’astrazione dell’essenziale, e si è liberato da tutto ciò che non fa partedel suo nucleo esistenziale, madre Concezione voleva avere sempre presentiquelle parole:

“Lacontemplazione dei misteri divini e l’unione assidua con Dio nella preghieranon solo è il primo e principale dovere delle Carmelitane Scalze, macostituisce l’essenza stessa della loro vocazione e l’apostolato unico ed esclusivodella loro vita immolata totalmente nella contemplazione. Pertanto, sforzateviper migliorare ogni giorno nell’intimità divina attraverso il rapporto con Dio,trasformando in preghiera tutta la vostra vita”. (Cfr. can. 663-1).

Noncurante di sè e preoccupata per la salvezza ed il benessere materialedi tutti, amava le proprie consorelle. Il suo amore raggiungeva ogni angolo delpianeta. Pregava e si sacrificava per tutti e per ciascuno, volendo esserecorredentrice insieme a Cristo. I suoi silenzi ed il suo raccoglimentocomunicavano una vita interiore, uno zelo d’opera apostolica e missionaria. Scrissein uno dei suoi ultimi esercizi:

Credo che tanto piùsi arriva in alto e più si è vicini alla vetta, tanto maggiore sia lo sforzoper arrivare alla meta. Allo stesso modo, quanti più anni son trascorsi e piùsi è vicini alla morte, maggiore dev’essere lo sforzo per recuperare il tempoperduto, perchè, dato che manca poco, non ci si può permettere di perdereneanche un minuto. Cuore di Gesù, mi affido a Voi affinchè mi diate la forzanecessaria.

In un’altraoccasione aveva scritto:

Sono figlia della Chiesa. Tuttosi può riassumere in una parola: amore.

 

VIII   FINO ALL’ULTIMO SUO GIORNO DI VITA

Verso la fine del 1998 contrasse una terribile influenza. Minimizzòl’entità della sua febbre dinanzi al medico ed attribuì tutto allapreoccupazione delle consorelle. La priora cercava di tenerla a riposo e decisedi farle ascoltare la messa dal coro alto. Ma lei continuava ad insistereaffinché le fosse concesso scendere a messa con la comunità. Qualche tempodopo, chiese nuovamente permesso per assistere come le altre alla messadell’Immacolata, asserendo che poteva farlo senza alcun problema. Le venneconcesso sia in tale occasione, sia per le lodi mattutine di Natale e la messafunerale di una suora che spirò in quel periodo.

Il pomeriggio del 6 febbraio del 1999, vigilia della sua morte, seguì isuoi ultimi esercizi dal coro alto. Al termine, P. Giacinto Maria della Croce,c.d., impartì la benedizione apostolica con indulgenza plenaria.

La sera, dopo la liturgia dell’ora nona, vi fu l’abbraccio della comunità.Una consorella andò a cercarla nella sua cella. Arrivò con il suo girello,quando ancora restavano alcune suore. Tutte notarono che madre Concezione era pervasada una gioia interiore indescrivibile e profondissima, che traboccava in unsorriso celeste, tanto angelico da non poter essere celato. Ci dette il suoabbraccio radiosa di felicità. Non invano aveva già ribadito varie volte: “Nel Carmelo sono stata immensamente felice.”

Quella notte l’influenza aveva colpito quasi tutta la comunità e, per poteranticipare l’ora del riposo notturno, fu anticipata la preghiera delle lodimattutine. Durante la preghiera, le sorelle che si trovavano vicino a madreConcezione notarono che aveva un respiro difficoltoso.

Lei, come al solito, disse che si sentiva molto bene e che non avevanulla. Pregò come le altre, alzandosi e sedendosi secondo il cerimonialeconsueto.

La sorella che da dodici anni pernottava in sua compagnia l’aiutò adandare a dormire. Fece il solito atto di contrizione e baciò il crocefisso congrande amore e devozione. Pronunciò l’accettazione della morte, si sdraiò nelletto e chiese alla consorella che recitasse con lei una preghiera per un’animain particolare, senza nominarla. Le fece presente che non era una richiesta dialcuno, ma che la sentiva arrivare all’improvviso. La consorella l’accompagnòin questa intercessione. Recitò quindi le tre avemarie e, quand’ebbe finito,riprese da capo a ripeterle. La consorella le fece notare che le aveva giàrecitate, al che ella rispose:-Quelleerano per me, queste sono per coloro che non pregano. Recitò, com’era suaabitudine, molte altre preghiere.

Trascorse le due del mattino, si alzò da sola, al buio, per nondisturbare. Dal suo interno usciva un rumore strano, non causato dal respiro.La consorella, svegliatasi di soprassalto, le chiese cos’avesse. MadreConcezione, tranquilla e serena, rispose che non ne aveva idea. Usciva schiumadalla sua bocca, tra le labbra esangui, in mezzo a rumori di fondo.

Rimaneva in piedi, di fronte alla consorella che l’assisteva; si guardò lamano destra ed entrambe videro le vene nerastre. Madre Concezione ritraseimmediatamente la mano. Non si lamentava, non chiedeva nulla e la consorella,attendendosi qualche richiesta d’aiuto, l’interpellava allarmata:-“Cara madre,cosa le succede? Sta morendo!”. La madre rimaneva in piedi senza proferireparola, guardando con tenerezza infinita. –“si sente male,vuole che chiamiamo il medico o la Nostra Madre?”. Per la prima volta nella sua vita carmelitana rispose affermativamente aqueste domande, senza parlare, solo assentendo col capo. Di fronteall’indecisione della consorella e la sua resistenza a lasciarla da sola inquel momento per avvisare la comunità, Madre Concezione reagì dirigendosi versoil letto: Devo salire, devo salire! Enel momento in cui appoggiava le mani sul giaciglio, il suo corpo cadeva e lasua anima s’elevava a Dio.

 

IX     EPILOGO

Vista nel suo complesso, la vita di madre Concezione rappresenta uncammino retto d’ascensione, costantemente rivolto verso Dio. Viveun continuo presente d’affidamento senza sosta. Così si spiegano la sua memoria prodigiosa, la sua concentrazione costante,e quella grazia misteriosa che pervadeva ogni suo atto quotidiano in clausura.

La sua vita trascorre dall’umiliazione dell’orgoglio –prima dell’ingressoin convento-, passando attraverso la rinuncia alla propria volontà e lamortificazione del corpo –con una fortitudine serena-, fino alla carità totale.

Mille aneddoti ed episodi, che a malapena sono raccolti in quest’opuscolo,riflettono un’unità di significato ed una vocazione unica nella sua vita. Soloun innamorato è in grado di dare tutto per l’altro e vi è un solo innamoramentoin grado di sostenere una generosa rinuncia totale del sè: l’amore per Cristoe, attraverso di Lui, l’amore verso il prossimo. Così, l’esercizio della virtù,dell’umiltà, del dono di sè, o l’osservanza rigorosa della regola non sono inmadre Concezione propositi di sacrificio di un’anima in cerca della propriasalvezza, nè s’esauriscono nella propria purificazione. Sono un dono di carità,sforzi in offerta di solidarietà con la passione redentrice di Cristo.

I meriti e gli sforzi di Madre Concezione, ineguagliabili oincomprensibili oggigiorno agli occhi dei più, devono essere motivo di gioiaper tutti, dato che si tratta di un dono per la nostra salvezza, supplisconoalle nostre limitazioni. Rappresentano il carisma del Carmelo, la vita raccoltain convento e tra le proprie consorelle, con lo spirito universale di Cristo,apostolico, missionario e redentore.

Madre Concezione, con i suoi settant’anni di vita carmelitana, settepriorati e cinque trienni da madre maestra, ha lasciato un segno vivo nelconvento. Il suo esempio e la sua guida ne hanno fatto una colonna portante delmonastero di Santa Teresa di Palma nella sua fedeltà al carisma dellafondazione. Questo monastero è stato il primo Carmelo –se non il primo, ilsecondo- eretto al mondo con il nome della riformatrice di Avila. Cinque secolidopo, ancora rimane vitale, in mezzo al frastuono dei tempi, volendo essere testimone della salvezza degliuomini.

L’esempio di madre Concezione ha superato le mura della clausura. Dopo lasua morte, molte sono state le testimonianze del suo potere edificante e dellasua intercessione in grazie individuali.

La luce di Madre Concezione sarà riflessa per molti anni dalle sue sorellecarmelitane e da coloro che, in modo più o meno diretto, hanno avuto occasionedi conoscerla e trattarla con venerazione. Merita anche di splendere per coloroche non l’hanno potuta conoscere e per le future generazioni. Dal vangelo di Gesù, nella Storia la Chiesa è una catena di anelli che testimoniano lapresenza di Cristo tra noi. La vita di Madre Concezione ha avuto lo scopo dibuona novella e di comunione redentrice. Per padre Simeone, carmelitano scalzo,nonché uno dei più autorevoli ed attivi postulatori di canonizzazioni delsecolo XX e della storia della Chiesa, -si devono a lui le cause della Madre Maravillas,Teresa delle Ande, Edith Stein, Raffaele di San Giuseppe...fino alladichiarazione di dottore della Chiesa per Santa Teresa di Lisieux - il ricordodi Madre Concezione non appartiene più alla clausura delle sue consorelle. Sitratta di un tesoro della Chiesa che occorre condividere, come hanno giàintuito molte comunità carmelitane che hanno letto la sua storia. Promuovere lasua canonizzazione significa invitare tutti a imitare le sue virtù e ad esserepartecipi dei suoi meriti.

 

INDICE

Preambolo del Cardinale Álvarez Martínez                     

         I      Marianel suo secolo                                   

         II     Lacaduta e la grazia                                            

         III    L’ingressonel Carmelo                                        

         IV    Primianni come carmelitana                      

         V     Consacrazioneal Sacro Cuore di Gesù        

         VI    Priorae maestra                               

         VII   Caritàe fortezza d’animo eroiche                         

         VIII  Finoall’ultimo suo giorno di vita                          

         IX    Epilogo                                           

 


Finito di stampare

il 15 giugno del 2007,

celebrazione del Sacro Cuore di Gesù